giovedì 19 febbraio 2009

"Il primo respiro" (Le premier cri)



"Secondo una leggenda talmudica, quando un bambino nasce possiede la conoscenza di tutte le vite precedenti. Un angelo appare e lo istruisce a mantenere questo segreto. Pone il dito sulle labbra del bambino che dimentica tutto. Una traccia del gesto dell'angelo rimane: è il piccolo solco tra le labbra e il naso... Soltanto a questo punto il bambino può emettere il primo grido"

Così si conclude questo bellissimo documentario, del regista Gilles De Maistre che per tre anni , quindici mesi di riprese, riprende, elabora e racconta dieci storie, dieci paesi… ma nove mesi per tutti!

"Il primo respiro" racconta la storia più universale di tutte: la nascita di un bambino, con un filo conduttore originale e unico, ovvero l'eclissi solare del 29 marzo 2006. E così, mentre noi eravamo a naso in sù, in ogni angolo del mondo, toccando le più diverse culture, tutte le gestanti si univano nell'unico gesto universale, rappresentato dalla nascita. La cosa eccezionale è che non esiste una vera e propria ricostruzione dei fatti, viene cioè fatto vedere allo spettatore ciò che il regista ha vissuto realmente in quelle 48 ore, il tutto contornato dall'universalità dei simboli quali la pancia, i pianeti, l'acqua, il sole, la terra, il ghiaccio, il deserto!

Si percorre in lungo e in largo il nostro Pianeta: dal messico, alla siberia; dalla Tanzania con la tribù dei Masai, all'India; dal Giappone al Vietnam; dal deserto, alla comunità Americana, fino ad arrivare a Parigi!

Nel guardare questo film, ho provato le più varie sensazioni, dalla rabbia per la scelta della mamma americana che decide di partorire all'interno di una comunità di 10 persone, senza l'aiuto di nessun supporto medico, dando vita a quella che lei chiama "nascita libera", rischiando così di mettere a repentaglio la sua vita ma soprattutto quella del bambino; alla tenerezza per la mamma indiana che pur non avendo le disponibilità economiche per affrontare un parto in ospedale, decide comunque di affidarsi ad un 'ostetrica del paese; all'idillio nel vedere il parto delle madri messicane insieme ai delfini, perfetti medici ostetrici, che con i loro versi emettono ultrasuoni che danno sicurezza al bambino al momento del parto; alla tristezza nel cuore davanti al parto della madre nel deserto che si vede costretta a veder morire il proprio bambino; alla "fabbrica di bambini" in Vietnam, dove nascono più di 45.000 bambini l'anno; fino ad arrivare alla nostra più vicina realtà sociale, quella francese, in cui una mamma ballerina di cabaret, danza fino al giorno prima del parto, avvenuto poi regolarmente all'interno di un ospedale.

Si vedono padri che vengono esclusi per scelta della società, padri che si escludono per cultura, padri invece che toccano subito con mano la nascita del proprio figlio.

Un film bellissimo, vissuto intensamente, da una come me che sente e ha sentito la maternità come l'esperienza più unica della sua vita, in cui amore e poesia pura si amalgano facendoci vivere completamente ciò che appartiene a tutti: la nascita.

"Le basterà assecondare il suo istinto di donna e nessuno, meglio di lei, saprà cosa fare".











Le emozioni che ho provato vedendo questo film me le porto ancora dietro, sarà anche perchè le ho potute condividere con due donne che hanno un ruolo molto importante nella mia vita, la mia sorella e la mia amica Ilaria, avendo così la possibilità di esternare tutto il mio entusiasmo davanti a quei vagiti ma anche libera di stare in silenzio, davanti alla morte di quel bambino, rispecchiandomi totalmente negli occhi apatici, inespressivi, increduli di quella mamma.

giovedì 12 febbraio 2009

"Chiedete scusa a Beppino Englaro"

di ROBERTO SAVIANO

DA ITALIANO sento solo la necessità di sperare che il mio paese chieda scusa a Beppino Englaro. Scusa perché si è dimostrato, agli occhi del mondo, un paese crudele, incapace di capire la sofferenza di un uomo e di una donna malata. Scusa perché si è messo a urlare, e accusare, facendo il tifo per una parte e per l'altra, senza che vi fossero parti da difendere.
Qui non si tratta di essere per la vita o per la morte. Non è così. Beppino Englaro non certo tifava per la morte di Eluana, persino il suo sguardo porta i tratti del dolore di un padre che ha perso ogni speranza di felicità - e persino di bellezza - attraverso la sofferenza di sua figlia. Beppino andava e va assolutamente rispettato come uomo e come cittadino anche e soprattutto se non si condividono le sue idee. Perché si è rivolto alle istituzioni e combattendo all'interno delle istituzioni e con le istituzioni, ha solo chiesto che la sentenza della Suprema Corte venisse rispettata.
Senza dubbio chi non condivide la posizione di Beppino (e quella che Eluana innegabilmente aveva espresso in vita) aveva il diritto e, imposto dalla propria coscienza, il dovere di manifestare la contrarietà a interrompere un'alimentazione e un'idratazione che per anni sono avvenute attraverso un sondino. Ma la battaglia doveva essere fatta sulla coscienza e non cercando in ogni modo di interferire con una decisione sulla quale la magistratura si stava interrogando da tempo.
Beppino ha chiesto alla legge e la legge, dopo anni di appelli e ricorsi, gli ha confermato che ciò che chiedeva era un suo diritto. È bastato questo per innescare rabbia e odio nei suoi confronti? Ma la carità cristiana è quella che lo fa chiamare assassino? Dalla storia cristiana ho imparato ha riconoscere il dolore altrui prima d'ogni cosa. E a capirlo e sentirlo nella propria carne. E invece qualcuno che nulla sa del dolore per una figlia immobile in un letto, paragona Beppino al "Conte Ugolino" che per fame divora i propri figli? E osano dire queste porcherie in nome di un credo religioso. Ma non è così. Io conosco una chiesa che è l'unica a operare nei territori più difficili, vicina alle situazioni più disperate, unica che dà dignità di vita ai migranti, a chi è ignorato dalle istituzioni, a chi non riesce a galleggiare in questa crisi. Unica nel dare cibo e nell'essere presente verso chi da nessuno troverebbe ascolto. I padri comboniani e la comunità di sant'Egidio, il cardinale Crescenzio Sepe e il cardinale Carlo Maria Martini, sono ordini, associazioni, personalità cristiane fondamentali per la sopravvivenza della dignità del nostro Paese.

Conosco questa storia cristiana. Non quella dell'accusa a un padre inerme che dalla sua ha solo l'arma del diritto. Beppino per rispetto a sua figlia ha diffuso foto di Eluana sorridente e bellissima, proprio per ricordarla in vita, ma poteva mostrare il viso deformato - smunto? Gonfio? - le orecchie divenute callose e la bava che cola, un corpo senza espressione e senza capelli. Ma non voleva vincere con la forza del ricatto dell'immagine, gli bastava la forza di quel diritto che permette all'essere umano, in quanto tale, di poter decidere del proprio destino. A chi pretende di crearsi credito con la chiesa ostentando vicinanza a Eluana chiedo, dov'era quando la chiesa tuonava contro la guerra in Iraq? E dov'è quando la chiesa chiede umanità e rispetto per i migranti stipati tra Lampedusa e gli abissi del Mediterraneo. Dove, quando la chiesa in certi territori, unica voce di resistenza, pretende un intervento decisivo per il Sud e contro le mafie.
Sarebbe bello poter chiedere ai cristiani di tutta Italia di non credere a chi soltanto si sente di speculare su dibattiti dove non si deve dimostrare nulla nei fatti, ma solo parteggiare. Quello che in questi giorni è mancato, come sempre, è stata la capacità di percepire il dolore. Il dolore di un padre. Il dolore di una famiglia. Il "dolore" di una donna immobile da anni e in una condizione irreversibile, che aveva lasciato a suo padre una volontà. E persone che neanche la conoscevano e che non conoscono Beppino, ora, quella volontà mettono in dubbio. E poco o nullo rispetto del diritto. Anche quando questo diritto non lo si considera condiviso dalla propria morale, e proprio perché è un diritto lo si può esercitare o meno. È questa la meraviglia della democrazia. Capisco la volontà di spingere le persone o di cercare di convincerle a non usufruire di quel diritto, ma non a negare il diritto stesso. Lo spettacolo che di sé ha dato l'Italia nel mondo è quello di un paese che ha speculato sull'ennesima vicenda. Molti politici hanno, ancora una volta, usato il caso Englaro per cercare di aggregare consenso e distrarre l'opinione pubblica, in un paese che è messo in ginocchio dalla crisi, e dove la crisi sta permettendo ai capitali criminali di divorare le banche, dove gli stipendi sono bloccati e non sembra esserci soluzione. Ma questa è un'altra storia. E proprio in un momento di crisi, di frasi scontate, di poco rispetto, Beppino Englaro ha dato forza e senso alle istituzioni italiane e alla possibilità che un cittadino del nostro Paese, nonostante tutto, possa ancora sperare nelle leggi e nella giustizia. Sarebbe bello se l'epilogo di questa storia dolorosa potesse essere che in Italia, domani, grazie alla battaglia pacifica di Beppino Englaro, ciascuno potesse decidere se, in caso di stato neurovegetativo, farsi tenere in vita per decenni dalle macchine o scegliere la propria fine senza emigrare. È questa l'Italia del diritto e dell'empatia - di cui si è già parlato - che permette di rispettare e comprendere anche scelte diverse dalle proprie, un'Italia in cui sarebbe bellissimo riconoscersi.
Da "La Repubblica" - 12 febbraio 2009

martedì 10 febbraio 2009

L'"uomo del Metano"

Mani calde e grandi, occhi verdi, fisico imponente, alto e grosso ... così era il mio nonno! Tifoso della Fiorentina e della Ferrari, appassionato di auto, amava le tagliatelle al sugo e il vino rosso, legato al suo inseparabile quotidiano "La Nazione" che leggeva dalla A alla Z tutti i giorni e al quale ha volto lo sguardo anche ultimamente quando stava male, fautore, sostenitore e trasportatore del metano che è stato il suo più fedele compagno di vita.


Dopo un percorso lunghissimo e intensissimo, squartato dal dolore della perdita dei due figli, ripagato dall'amore infinito che lo legava alla mia super nonna ...il nonno Nanni, domenica mattina ha deciso di interrompere la sua vita, diventata troppo insopportabile.
"93 anni sono tanti", è la frase che ci siamo imposti, detti, sussurrati in questi giorni e anche se questo rappresenta il normale corso della vita, il nonno resta comunque l'emblema del legame col mio babbo, il "come sarebbe stato il babbo fra 30 anni!". Si chiude così un capitolo importante della vita di tutti noi, una perdita che lascia una malinconia che va la di là della sua scomparsa, una perdita che lascia disarmata la mia nonna, rimasta forte ma solitaria.
Voglio però ricordare questi giorni con un pensiero straordinario di Eva che domenica sera, mentre eravamo a letto ha esordito dicendomi: "certo mamma che lassù sono una banda .. il nonno Ruggero, il nonno Piero, il nonno Nanni e il mio fratello. Ci pensano loro a metterlo in riga!" "O forse è lui che mette in riga loro!"

lunedì 2 febbraio 2009

1° Congresso Internazionale CiaoLapo + SANDS

Sono stata molto assente dal mio blog, il mese di gennaio è stato estremamente impegnativo trascorso fra le influenze di Alberto, l'aggravamento delle condizioni del mio nonno, la gamba rotta del Capo ed infine la preparazione della mia "relazione" da esporre nella terza giornata del Convegno Internazionale di CiaoLapo + Sands, sul supporto psicologico da dare in caso di morti in utero e perinatali.
Ho partecipato come spettatrice anche alla 1° giornata dove sono intervenuti i genitori di Dario e i genitori dei tre gemellini Paolo, Gabriele e Linda; inutile dire quanto le loro storie mi siano arrivate dritte al cuore e quanto abbiano scosso in me quel senso di tristezza, di dolore, di ricordo che mi hanno accompagnata per tutta la giornata, costringendomi a crollare rovinosamente sul cuscino subito dopo cena.

Ho tracorso il sabato in piena tranquillità, sempre col pensiero rivolto a quei genitori ma anche con l'ansia del mio intervento del giorno dopo, è la prima volta che mi viene chiesto di parlare esplicitamente della mia esperienza e di Elia, un'occasione più unica che rara in cui far conoscere ad una piccolissima parte del mondo che il mio bambino è esistito, mi sono sentita gravata di una grossa responsabilità legata appunto a far arrivare il mio messaggio legato ai rimpianti, ai ricordi, alle "mancanze" di quei momenti, del dopo, del durante, di oggi ... senza richiare di dover rischiare di offendere la categoria delle operatrici sanitarie. Ho preparato la mia relazione nei minimi dettagli, cercando dal mio punto di vista, di far emergere con chiarezza ciò che mi è mancato allora e che di conseguenza pesa sul mio petto come un macigno, ancora oggi a distanza di 4 anni e mezzo!
Sono così arrivata a domenica mattina, sono entrata in quella sala dove erano presenti le ostetriche e gli psicologi, nonché Claudiua e Alfredo, Barbara (venuta apposta per me, un grande gesto di amicizia), la mitica Marianna e Federica (mamma interprete) oltre a Sue e Alix, le due fondatrici dell'associazione inglese SANDS.
Mi confortava il fatto di non esser sola, ma di avere con me il mio Pierino e la mia sorella ...è arrivato poi il mio momento, il cuore mi batteva a mille ... ho aperto il file in power point, sulla schermo è apparsa la prima scritta "Elia, 22 agosto 2004" ... la mia voce si è spezzata in due ... poi sono bastati pochi secondi e poi, come dice Pierino "hai pigiato il play" e non mi sono fermata più, dimenticandomi ahimè anche di Federica che doveva interpretare la mia storia a Sue e Alix. Avrei parlato all'infinito, ma il tempo ovviamente era ristretto, ho cercato quindi di concentrarmi sugli aspetti per me più importanti ed ancora oggi fonte di rimpianti e di rimorsi ...


Alla fine un grande applauso generale e con grande stupore, Sue ed Alix sono venute a congratularsi con me e mi hanno proposto di entrare a far parte di un progetto futuro di training rivolto ai genitori!
Ma non è stao l'applauso o il compiacimento nell'esser riuscita nel mio intento, quanto il fatto che finalmente la gente ha saputo, ha saputo che Elia è esistito, ha saputo quanto la sua mamma ed il suo babbo hanno sofferto della sua perdita e della sua mancanza, quanto questo bambino resti oggi un pesantissimo macigno legato al mancato ricordo tangibile, in quanto nell'impossibilità di poterlo vedere in una foto, di una sua impronta, del suo mancato abbraccio, del non averlo coccolato, così come invece sarebbe dovuto essere nel rispetto di quel legame viscerale che c'è fra una mamma ed il suo bambino.
Un'esperienza incredibile, che mi ha toccato il cuore e che spero possa esser servita a qualcuno, quel qualcuno che un giorno forse si troverà a gestire una MIF e lo farà nel ricordo del mio Elia e in suo nome cercherà di non trascurare niente in modo tale che quel bambino e la sua mamma possano lasciarsi e salutarsi per sempre, con quella serenità e rispetto che merita ogni inscindibile amore che lega due esseri umani ... soprattutto quando si tratta di una madre e di un figlio.